COMEBACK RECITALS La Scala (March 6, 1989) & Parma (November 18, 1989) |
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Carreras accende il cuore della Scala, Corriere della Sera, 8 March 1989 Carreras trionfa alla Scala, La Stampa, 8 March 1989 Parma accoglie il «figlio» Carreras... Corriere della Sera, 22 November 1989 Bentornato Carreras, Parma ti ringrazia!, La Repubblica, 22 November 1989 _____________________________________________________ |
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Carreras accende il cuore della Scala Duilio Courir, Corriere della Sera, 8 March 1989 [English translation available here] Sin dal primo momento il cantante ha dato l'impressione di ever recuperato la sua forma fisica e vocale - Una capacità interpretativa che ha fatto venire alla mente Caruso - Le emozionanti note belliniane d'avvio e le squsite liriche di Tosti. Milano - 6 marzo 1989 Un boato di origine sentimentale che veniva dal profondo del cuore è scoppiato l'altra sera nel Teatro alla Scala quando José Carreras è apparso in sala e forse è stato l'applauso più lungo e commosso tributato ad un artista dai tenmpi leggendari di Maria Callas. In realtà nel mondo della musica si fa festa perché un suo protagonista amatissimo ha vinto una battaglia diffcilissima. Come è entrato in sala, Carreras ha dato subito l'impresione che accadeva qualcosa di importante e che la sua aura interpretativa non era stata né intaccata, né cambiata dalle peripezie che con coraggio aveva affrontato. Il programma del concerto dell'altra sera è incominciato con Bellini ed è finito con Puccini. Nella parte centrale (accompagnate al pianoforte da Lorenzo Bavaj) c'erano le liriche francesi di Fauré e di Duparc, le canzoni di Paolo Tosti, i testi della musica da camera spagnola. Sono le cose con le quali è cresciuto e che sono più vicine al suo animo ed alla sua carriera sfolgorante. Quello che si è compreso, per fortuna, nel concerto scaligero dell'altra sera è che Carreras continua a restare se stesso in qualsiasi contesto musicale. Dalla sua voce escono fuori delle emissioni splendenti che incantano e che si indirizzano costantemente verso una bellissima resa interpretativa. Sempre nella storia dell'interpretazione msuicale si ascoltano dei suoni che uno riconosce in qualsiasi circostanza e contesto di esecuzione e che permangono nellamemoria come un fatto creativo. Facciamo pire dei nomi, i primi che balzano alla memoria, quelli di Casals, di Michelangeli, di Caruso. José Carreras impersona quella tradizione del tenore che sembra quasi vivere un'adolescenza perpetua, un'immagine che era di Caruso o che, pur costruita, riusciva a darti la sensazione di aver conquistato Tito Schipa. Schipa giocava di più di scioltezza e di maestria vocale. Carreras possiede un grado di innocenza maggiore e totalmente affascinante. Fino a che punto possa essere felice José carreras lo si è compreso, dopo le prime emozionate note belliniane, quando è entrato nel repertorio francese ed ha cominciato a percorrere quella letteratura del sentimento ricca di contenuti molto esistenziali , composta con una scrittura trasparente, leggera e che sembra voler accendere ed impastarsi con la chiareza e la bellezza della parola. Ma anche le liriche di Tosti sono state cantate con una squisitezza ed una grazia di accenti floreali capaci di nobilitare, con la tensione dello stile, il kitsh e le molte manomissioni veristiche subite nella tradizione esecutiva. I momenti finali più intensi hanno avuto il segno pucciniano e ci hanno riportato, dopo l'eleganza delle canzoni spagnole, quella assolutezza di canto vcon la quale carreras infila ed accende ogni nota, quello stile che guida alla incandescenza della musica come nelle sue interpretazioni indimenticabili di personaggi come Rodolfo, Don Carlos, Riccardo del "Ballo in maschera", Andrea Chenier e quello sopra tutti memorabile di Don José nella "Carmen". Ma di questo concerto che ha avuto conclusioni trionfali con il pubblico che ha appaludito per oltre venti minuti ricevendone in cambio due splendidi bis, vorremmo ricordare quelle strizzatine d'occhio che Carreras indirizzava agli amici che riconosceva in sala e che per noi avevano il senso di una ritrovata gioia di vita. Carreras trionfa alla Scala Luigi Rossi, La Stampa, 8 March 1989 Milano - trionfale ritorno alla Scala di José Carreras, per la prima volta dopo la tremenda malattia che l'ha colpito. Soltanto due i precdeneti italiani: la serata in suo onore all'Arena di Verona l'8 agosto scorso e il concerto alla Sala Nervi del Vaticano in dicembre. Il tenore spagnolo è apparso, nella sala gremitissima del teatro, emozionato, ma è stato subito incoraggiato da una ovazione del pubblico durata tre minuti. Ci sono state pure, durante tutto il recital, affettuose intemperanze di fans che hanno fatto piovere dal loggione e dai palchi frasi encomiastiche ed esclamazioni degne del divismo di altri tempi. Accompagnato con discrezione e sicurezza dal pianista Lorenzo bavaj, Carreras ha svolto un programma interamente cameristico, con l'unica eccezione del recitativo e aria di Romeo da "I Capuleti e Montecchi" di Bellini. Anche i due bis concessi al termine dietro insistenti richieste, hanno riguardato canzoni napoletane. I tre blocchi in cui Carreras ha diviso il suo concerto erano imperniati su autori italiani, francesi e, naturalmente, spagnoli. Più a suo agio nella vocalità italiana e spagnola, il tenore non ha completamente convinto nelle tre arie francesi "Apres un rève" di Faure, "Ouvre tes yeux" di Massenet e "Le manoir de Rosamunde" di Duparc, sebbene l'espansa declamazione della linea vocale di quest'ultima sia apparsa più adeguata al suo temperamento. Pur con qualche lieve ed inevitabile segno di affaticamento, dovuto anche alla lunghezza e alla varietà dell'impegnativo programma, Carreras ha sostanzialmente dimostrato di non aver risentito molto della terribile prova alla quale è stato sottoposto il suo fisico. Dopo un inizio appena incrinato dall'emozione, la sua prestazione è apparsa in crescendo, con particolare intensità ed emozione per le quattro romanze di Tosti: "Malia", "Ideale", "Non t'amo più" e "L'ultima canzone". Egli non ha dimenticato che il musicista abruzzese fu anche un insigne maestro di canto, non per nulla prediletto dai grandi tenori, da Caruso a schipa, da Gigli a Di Stefano, al quale Carreras è stato sovente ricondotto come tipo di vocalità e di interpretazione. La sezione spagnola ha compreso autori come Turina, Ginastera, Guastavino, Esperon e una obbligatoria incursione nella zarzuela con la "La tabernera del puerto" di Sorozabal, che all'interno di questo genere lirico caratteristico viene definita "romace marinero". Naturalmente Carreras si è trovato perfettamente a suo agio tra gli autori di casa sua, ma il pubblico della Scala si è maggiormente acceso per le tre arie di Puccini che concludevano il programma, soprattutto per "Sole e amore" dal motivo inequivocabilmente identico alla Bohème che ha richiamato la sua interpretazione dell'opera proprio qui alla Scala nel 1977 e "Menti all'avviso", pure con scoperte identificazioni con la Manon Lescaut. L'entusiasmo ha raggiunto l'apice, ma la speranza di un autentico bis operistico pucciniano è svanita, mentre piovevano fiori dal loggione e Carreras interpretava "Core ingrato" e "Dicitinciello vuie". Parma accoglie il «figlio» Carreras con una pioggia di fiori e applausi Mario Pasi, Corriere della Sera, 21 November 1989 Trionfale ritorno del tenore: i loggionisti gli hanno anche consegnato una medaglia PARMA--Dopo Pavarotti, Carreras: continua la passerella.dei tenori (il prossimo sarà Chris Merritt per l'»Ernani» del 26 dicembre) a Parma. Stavolta il «recital» della passione è stato ospitato al Teatro Regio, e non fra le tecnologie avanzate del suono al Palasport. I biglietti sono subito andati a ruba, il concerto è stato sponsorizzato da «Produttori e Cooperative agricole». Una prova in più dell'esistenza delle radici popolari nell'arte lirica emiliana. José Carreras è un po' il figlio preferito. di Parma, dove è praticamente iniziata la sua carriera internazionale:nel 1971 ha vinto il «Premio Verdi»,.è tornato molte volte nel teatro più difficile (un tempo) d'Italia. Il cantante è simpatico e umano, e quindi il suo rapporto con gli appassionati ha avuto sempre caratteri di affettuosa vicinanza di spirito. Si è sentito battere in questo «recital» il cuore generoso della città, nei confronti di un artista che ha saputo anche superare il dramma di una crudele malattia. I loggionisti si sono presentati sulla scena, nell 'intervallo, in delegazione: e il commosso Carreras ha avuto in dono una medaglia e un assegno cospicuo offerto a sostegno della sua «Fondazione per la lotta contro la leucemia». A quel punto è scattato un applauso di straordinaria intensità. Per il tenore di Barcellona il «recital» è stato un vero trionfo, e il palcoscenico è stato quasi coperto dai fiori lanciati dalle gallerie. In attesa di riascoltarlo in un'opera, i «fans» di Carreras hanno accolto con emozione e piacere anche un programma che in certe parti poteva essere definito «leggero»; incantati dalla bellezza del fraseggio, dal sempre gradevolissimo colore vocale, dalla volontà di essere al servizio dell'arte come prima della malattia. Il pubblico di Parma, che sa tutto della lirica, rievocava nel foyer i momenti magici di una carriera meravigliosa, le «Carmen» e i «Lombardi», il «Ballo in maschera». Carreras ridonava alla «sua» gente quel modo di cantare così intenso, chiaro, preciso, generoso che gli era valso il titolo di «nuovo Di Stefano». Come negli stadi, in teatro spiccava uno striscione, «Bentornato José», ogni tanto si sentivano grida di «Grazie», e «Bravo». Chiamato per nome, come si fa con i vecchi amici, Carreras ringraziava con timidi inchini, forse anche un po' spaventato da tanto affetto. Aveva cominciato, accompagnato da un pianista di grande qualità e talento, Lorenzo Bavaj, con pagine classiche, Scarlatti, Bononcini, Stradella, e aveva adattato la sua voce agli schemi rigorosi di questi autori, tenendo sempre una linea interpretativa di assoluta pulizia. Poi, dopo essere entrato, almeno per un attimo, nello stile a lui congeniale di Massenet, il tenore si è concesso a ben cinque romanze di Francesco Paolo Tosti, rese con crepuscolare serenità e con impressionanti slanci affettivi. Il pubblico avrebbe certamente gradito qualche grande pagina dei melodrammi più amati, ma sarà per un'altra volta. In questa occasione Carreras non si è certo negato alla passione, come in tre «songs» di Puccini, ma ha preferito tenersi nella misura più cameristica o salottiera della romanza o del canto iberico e sudamericano. Erano certo deliziose le sue incursioni nel mondo di Turina, Falla, Ginastera, Guastavino, Esperon, in quel folclore educato in cui quegli autori si specchiano. Ma tutti hanno sperato di ascoltare la «romanza del fiore» del disperato Don José. Acclamato con ritmici battimani, invocato al proscenio, Carreras ha concesso alcuni bis, da «Core 'ngrato» a «Granada», E, come si diceva un tempo, è venuto giù il teatro. Bentornato Carreras, Parma ti ringrazia! Fabrizio Festa, La Repubblica, 22 November 1989 Parma "Bentornato": in rosso, su uno striscione bianco teso da un capo all'altro del oggione. Questo il primo segno visibile dell'affetto col quale il pubblico del Teatro Regio di Parma ha accolto il ritorno sul palcoscenico di José Carreras. Carreras entrava sabato scorso in un teatro Regio gremito in ogni ordine di posti. I palchi ed il loggione stipati non solo dai suoi fans, e a Parma ve ne sono moltissimi, ma anche da quanti volevano salutare il suo ritorno sulla scena del Regio, trascorsa la parentesi della malattia. D'altronde, la carriera del tenore spagnolo è cominciata qui, la sera del 30 ottobre 197 allorchè vinse, cantando in maniera travolgente uno dei suoi ruoli preferiti il Don José della Carmen il primo premio al concorso "Verdi". Poi l'anno successivo, il debutto italiano ufficiale, ancora a Parma: era in quell'occasione la voce di Rodolfo; l'opera la Bohème di Puccini, che proprio di recente il tenore ha inciso per l'omonimo film di Comencini. Da allora la città emiliana ha accolto Carreras con frequenza regolare fino all'ultimo recital del 1987, quando il tenore affrontò un programma analogo a quello ascoltato l'altra sera. Forse tornando a cantare le canzoni di Francesco Paolo Tosti, o le romaze pucciniane, Carreras ha voluto ricomincire da capo, e ad un tempo ristabilire un legame con il suo pubblico. E la cronaca non può che iniziare dall'ovazione che ha accolto il tenore, appena è apparso sotto i riflettori. Poi il concerto: inaugurato dalle arie di Scarlatti, Bononcini, ed il falso Stradella di "Pietà Signore", vergato dalla mano di Francois-Joseph Fetis. La voce è raccolta, elegante, anche se non nasconde le difficoltà di un repertorio che non le appartiene del tutto. Ma il pubblico è dalla sua parte, e i fiori (siamo appena a metà della prima parte) già coprono la scena. Anzi, Carreras è costretto a schivare un intero mazzo di gerbere colorate, che dai palchi di proscenio gli getta un'ammiratrice. L'elegia di Massenet riporta il tenore spagnolo in un territorio a lui più affine, e l'interpretazione si fa più convincente, lasciando finalmente emergere la sua dote migliore: la capacità di rendere in un'unica sintesi il significato del testo e l'intensità della musica. Quindi le canzoni di Tosti tutte celebri, come Malia, Ideale, Non t'amo più svelano una sobrietà inattesa, descritte con raffinata passionalità. Dal loggione piovono le prime richieste di bis quando ci si avvia all'intervallo. Al ritorno in scena i loggionisti offrono a Carreras una medaglia ricordo, e soprattutto il risultato di una sottoscrizione a favore della fondazione contro la leucemia voluta dall'artista. E lui, quasi a contraccambiare, canta con rinnovata generosità trascinando il teatro alla commozione.Dopo la sua Spagna ed il suo Puccini, i tre bis, tre. Al primo, la celebre canzone napoletana Core ingrato, segue un'ovazione interminabile. Tutti in piedi alla fine a ringraziare Carreras, e l'ottimo pianista Lorenzo Bvaj, mentre dai palchi con gesto inconsueto le signore salutano agitando la mano. |
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